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Giuseppe
Colombo
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| Milano
18.11.1836
Milano gennaio 1921 | 1882
Illuminazione
elettrica in Italia |
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| Biografia
di Giuseppe Colombo
a
cura di Gian Luca Lapini (10)
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| | Giuseppe
Colombo, milanese insigne per le sue molteplici doti di insegnante,
ingegnere,
imprenditore ed anche di politico, è un personaggio a dir la
verità un
po’
dimenticato... diede un poderoso
contributo al
decollo
dell’ingegneria e
dell’industria, non solo in Lombardia,
ma nell’Italia intera.
Nella
Milano del 1836, dove Giuseppe Colombo nacque il 18 novembre, in una
famiglia
della piccola borghesia artigianale (il padre era orafo), soffiava
già
il nuovo
vento dell’industria che, dopo aver rivoluzionato mezza
Europa, avrebbe
in pochi anni preso forza anche in Lombardia, insieme
all’insofferenza
per il dominio
austriaco. E’ facile pensare che Colombo, presto rivelatosi
un giovane
di notevoli doti intellettuali, abbia respirato
questo clima di fermenti e si sia sentito attratto dal mondo
tecnico-scientifico che sembrava aprire
all’umanità nuove strade di
conoscenza
e di successi. Così, diplomatosi a pieni voti al Liceo S.
Alessandro di
Milano,
si iscrisse a diciassette anni all’università di
Pavia come |
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| aspirante
al
dottorato di ingegnere-architetto.(1)
Qui fu allievo prediletto di Francesco Brioschi e di Giovanni Codazza:
dal
primo, docente di matematica applicata e dopo pochi anni fondatore del
Politecnico di Milano, il giovane Colombo assorbì un
atteggiamento di grande
apertura e curiosità verso la scienza, la tecnica e
l’industria; del secondo,
che era incaricato di meccanica applicata (materia a cui si
appassionò particolarmente),
divenne assistente ad appena diciannove anni. |
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| L'insegnante |
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| Laureatosi
a soli vent’anni ottenne subito, grazie alla grande stima nei
suoi confronti di
Brioschi e Codazza, un incarico di professore di geometria e meccanica
alla
Scuola di Incoraggiamento d’Arti e Mestieri di Milano, dove
iniziò una delle
sue brillanti carriere, quella di docente, che avrebbe in vari modi
continuato
per tutta la vita. Insegnando in questa scuola, che era nata per
iniziativa
della borghesia mercantile-industriale milanese con lo scopo di creare
uno
stretto contatto fra sapere scientifico
e realtà produttive, Colombo rivelò ed
affinò le sue naturali doti di comunicatore ed ebbe le prime
occasioni di
contatti col mondo industriale internazionale (tramite viaggi e visite
a fabbriche,
scuole, mostre, che avrebbe anche in seguito sempre ricercato), dal
quale
riportare idee e proposte per la realtà lombarda. |
| | Nel
dicembre del 1863 Brioschi, rispondendo
ad una crescente esigenza di formazione di ingegneri di indirizzo
industriale, fondò a Milano l’Istituto Tecnico
Superiore (2),
già dai primi anni indicato come Politecnico per i diversi
studi di ingegneria che comprendeva, e
Colombo ne fu uno dei primi docenti, divenendo nel 1865 titolare della
cattedra di Meccanica ed
Ingegneria Industriale. Colombo fu subito l’anima della
specializzazione in
ingegneria meccanica, un indirizzo di studi per il quale, fino a quel
momento,
gli studenti italiani avevano dovuto rivolgersi all’estero,
assumendo
gradualmente incarichi sempre più importanti nel
Politecnico, dove avrebbe
continuato a insegnare fino al 1911. Stimato e seguito dai giovani per
l’efficacia delle sue lezioni e per l’entusiasmo
che sapeva comunicare, non
solo dalla cattedra ma anche nelle
frequenti visite a impianti e fabbriche nelle quali amava guidare gli
studenti,
Colombo fu maestro di una foltissima schiera di ingegneri e futuri
imprenditori
(fra i quali Giovan
Battista Pirelli (3)
,
pioniere dell’industria italiana della gomma, ed Enrico
Forlanini, pioniere
dell’aviazione).
Al
Politecnico Colombo seppe favorire lo studio non solo delle discipline
meccaniche, ma anche di quelle elettriche (l’elettrotecnica
fu la tecnologia di
punta di quegli anni) (4)
.
Egli seppe inoltre trasferire le sue conoscenze anche fuori dalle aule
universitarie;
per oltre dieci anni, dal 1870 al 1880, le sue conferenze serali
nell’aula
della Società di Incoraggiamento Arti e Mestieri intorno ai
più palpitanti
argomenti di attualità di meccanica, elettricità
e termodinamica, attirarono un
pubblico attento e numeroso, di tutti i ceti sociali.
Il
Colombo docente e divulgatore non si limitò, comunque,
all’uso della parola,
ma produsse anche una notevole mole di
scritti. Ai primi interventi sui giornali, con lettere e articoli con i
quali
cominciò a farsi conoscere per la sua lucidità di
esposizione ed argomentazione, seguirono numerose
pubblicazioni scientifiche, traduzioni di fondamentali trattati di
ingegneria
francesi e inglesi, saggi. Colombo fu anche collaboratore e poi
direttore della rivista tecnica
“L’industriale”, pubblicata dal 1871 al
1877. I suoi scritti più famosi rimangono
certamente i suoi manuali tecnici, in particolare quel
“Manuale dell’Ingegnere
Civile ed Industriale” (o più familiarmente
“il Colombo”) la cui prima edizione, presso
l’editore Ulrico Hoepli di
Milano, è del 1877, e che è stato per decenni,
con numerosissime riedizioni ed
aggiornamenti, la guida pratica di generazioni di ingegneri. |
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| L'imprenditore
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| Lasciando
per il momento il Colombo insegnante, passiamo ad esplorare la sua
carriera di
imprenditore, che fu tutta legata alla nascita dell’industria
elettrica in
Italia. Il nostro paese non era rimasto estraneo al grande sviluppo che
la
fisica dei fenomeni elettrici aveva avuto nell’800 (basti
pensare ad Alessandro
Volta ed a Luigi Galvani, e più tardi ad Antonio Pacinotti e
Galileo Ferraris),
e quando la tecnologia cominciò ad impadronirsi delle nuove
conoscenze ed a
proporre realizzazioni di pratico utilizzo, il terreno era pronto per
accogliere la nuova meraviglia. |
| | Nel
1877 ebbe luogo sulla piazza del Duomo il primo esperimento milanese di
illuminazione elettrica con una singola lampada ad arco, impressionante
per la
sua potenza luminosa ma ancora poco pratica per utilizzi cittadini
estesi. Meno di un
anno dopo la questione
dell’illuminazione elettrica veniva
brillantemente trattata da Colombo in una delle sue frequentatissime
conferenze serali, dove egli ebbe modo di spiegare alla cittadinanza i
risultati degli studi e delle ricerche che erano in corso in tutto il
mondo (5).
L’episodio di piazza del Duomo non ebbe seguito fino al
giugno del 1881, quando,
in occasione della grande Esposizione Nazionale di Milano, la Galleria
Vittorio
Emanuele venne illuminata con 25 potenti lampade ad arco della Siemens.
Nell’autunno dello stesso anno si costituì, per
opera di Colombo e con il
sostegno finanziario di importanti banche milanesi, il
“Comitato Promotore per
le Applicazione dell’Energia Elettrica in Italia” (6) .
Intanto, in uno dei suoi frequenti viaggi all’estero,
Colombo, in occasione
della “Mostra Internazionale
dell’Elettricità” di Parigi del 1881,
aveva trattato con la società fondata da Thomas
Edison per ottenere l’esclusiva del sistema Edison in Italia.
Su mandato del
“Comitato”, Colombo perfezionò
l’accordo di esclusiva con la Edison ed iniziò
la trattativa per la realizzazione a Milano di un impianto di potenza
ragguardevole. Poco dopo Colombo si recò a New York dove
definì personalmente
con Thomas Edison i particolari del progetto e concluse la trattativa
per
l’acquisto dei macchinari. Qui Colombo ebbe modo di visitare
il cantiere, e
partecipò all’inaugurazione della prima centrale
elettrica al mondo, quella
che la Edison Illuminating Company
stava costruendo in Pearl Street (nel
quartiere finanziario di Wall Street), e che
sarebbe entrata in
esercizio nel settembre del 1882. |
| | Colombo
ritornò a Milano in compagnia di uno dei più
stretti collaboratori di Edison,
John William Lieb, che l’avrebbe assistito nei mesi
successivi
nell’allestimento della centrale elettrica che avrebbe preso
il nome di Santa
Redegonda. I lavori
procedettero
speditamente, cosicché il 28 giugno del 1883,
a Milano, nell’Italia che era l’ultima arrivata nel
mondo industriale, fu
inaugurata la prima centrale elettrica europea. Essa era in grado di
alimentare
4800 di quelle lampade ad incandescenza che Edison aveva messo a punto
con
innumerevoli prove, e che producevano una luce calda, non abbagliante
come
quella delle lampade ad arco: erano perciò adatte a
illuminare gli interni ed a
far concorrenza alle lampade a gas, allora ampiamente diffuse.
L’energia
elettrica prodotta veniva distribuita in una piccola zona fra il Duomo,
la
Galleria e la Scala; gli utenti principali furono i locali eleganti ed
i
teatri, gli unici forse disposti a pagare il doppio di quello che
allora costava
l’equivalente illuminazione a gas.
Nell’impianto
di Milano si fecero le ossa alcuni dei più valenti ingegneri
elettrotecnici
italiani, che Colombo scelse fra i suoi migliori laureati del 1882-83;
fra
questi, Giacinto Motta, che ebbe in seguito un ruolo di primo piano per
lo
sviluppo del sistema elettrico lombardo, prima come progettista degli
storici
impianti idroelettrici della Valtellina e poi come direttore della
società elettrica Edison. Fu questa generazione di
tecnici che, dando impulso all’utilizzo delle forze
idrauliche delle Alpi,
diede all’industria settentrionale quella
disponibilità di energia a basso
prezzo che la mancanza di carbone aveva fino allora negato
all’Italia. |
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| Il
politico |
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| Il
1882 fu un anno cruciale anche per la carriera politica di Colombo,
personaggio
che pur avendo da tempo acquisito un rilievo pubblico cospicuo, si era
fino
allora tenuto al di fuori da impegni politici diretti anche se non era
stato
certo un indifferente nei riguardi delle grandi vicende della
formazione
dell’Italia, arruolandosi come volontario sia nella Seconda
che nella Terza
Guerra d’Indipendenza. La sua competente partecipazione, come
esperto, in varie
commissioni comunali non era passata inosservata, cosicché
fu convinto dai suoi
amici a presentarsi per le elezioni del Consiglio Comunale di Milano,
dove
entrò con ampi suffragi: questa sua posizione probabilmente
facilitò al
“Comitato” che egli presiedeva
l’ottenimento dal Comune delle concessioni per
la centrale elettrica nel centro cittadino.
Quanto alla sua collocazione
politica, è noto che egli ebbe in
gioventù simpatie mazziniane (mazziniano era
l’ambiente universitario a Pavia),
al punto di essere andato a trovare Mazzini a Londra, nel 1861, durante
uno dei
suoi primi viaggi all’estero. Egli si era comunque presto
accostato agli
ambienti liberali moderati milanesi del giornale “La
Perseveranza”, del
salotto della contessa Maffei
e del
“Circolo Popolare
Milanese”. Fu proprio
nell’ambito di questo circolo che maturò, nel
1886, la sua candidatura a
deputato del Parlamento italiano, al quale fu eletto con quasi 8000
voti. Le
idee politiche di Colombo erano coerenti con i suoi interessi e con la
sua formazione tecnica. In un discorso del 1890
lui stesso si definiva un “conservatore moderno”,
cioè un “vero progressista illuminato, che studia
con metodo scientifico i problemi sociali, onde condurre la
società senza
scosse attraverso le evoluzioni che il continuo mutarsi delle
condizioni
materiali richiede”. La sua azione ebbe quindi una chiara
connotazione a favore di una strategia industrialista (ma
fu sempre contrario sia al liberalismo, sia al protezionismo assoluti)
e
contraria a confusione di ruoli fra destra e sinistra. Fu anche
favorevole ad
un graduale riassetto dello stato di tipo autonomistico, per favorire
quell’effettivo raccordo fra l’unità
dello stato e lo sviluppo della vita e
delle libertà locali che era mancato dopo
l’unità d’Italia. |
| | L’avvento
al governo di Crispi lo vide fiero oppositore di una politica che
giudicava
inadatta a raggiungere l’obbiettivo primario del
rafforzamento della situazione
economica reale, e tutta preoccupata di raggiungere obbiettivi di mero
prestigio, sia nella politica interna (ad esempio con lavori pubblici
non
urgenti), sia in quella estera (con
costose avventure militari) (7)
.
Dopo una prima legislazione passata all’opposizione, e
rieletto con larghi
suffragi per una seconda volta al Parlamento, Colombo si vide chiamato
a
reggere il Ministero delle Finanze nel primo governo del marchese Di
Rudinì, ma
con la coerenza che lo contraddistingueva non esitò dopo
poco più di un anno a
dare le dimissioni per non venir meno alla promessa fatta ai suoi
elettori di
non applicare nuove tasse (cose davvero d’altri tempi!),
anche a costo di
favorire indirettamente il ritorno al governo dei suoi avversari. Dopo
la
catastrofe militare di Adua, ritornò però come
Ministro del Tesoro nel secondo
governo Di Rudinì nel 1896.
Non
possiamo dilungarci molto nelle complesse vicende politiche degli anni
successivi, ma ricordiamo che Colombo coprì altri incarichi
importanti come
quello di Presidente della Camera nel tumultuoso anno 1899. Battuto
nelle
elezioni del 1900 dal candidato socialista in quello stesso collegio
milanese
che lo aveva rieletto più volte, dopo
pochi mesi fu nominato senatore (per diretta scelta del giovane
Vittorio
Emanuele III) e si reinserì nell’agone politico;
continuò così a ricoprire
incarichi di prestigio, soprattutto in commissioni che si occupavano di
questioni economiche e finanziarie, dove era indiscussa la sua
autorità (8)
ed a prodigarsi in favore dei due settori dell’industria
elettrica e degli
studi tecnici, che gli stavano sempre molto a cuore.
Non
bisogna comunque credere che le sue energie fossero tutte assorbite
dalla
politica. Colombo mantenne infatti importanti incarichi nella
società elettrica
Edison, della quale divenne presidente
nel 1896 e nel Politecnico del quale fu Rettore dal 1897 (alla morte di
Brioschi), fino al 1921. Tenne anche a lungo la presidenza del Collegio
degli
Ingegneri e Architetti, e del Credito Italiano; ebbe inoltre cariche
amministrative e di consulenza in alcune aziende industriali. |
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| La vita privata |
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| Non
abbiamo finora detto nulla della vita privata di Giuseppe Colombo, e
non
vorremmo lasciare al lettore l’impressione che il nostro
personaggio fosse un
uomo dedito solo al lavoro ed al dovere. In realtà, oltre
alla scienza ed alla
tecnica, ebbe molti altri interessi intellettuali: amante della musica
(fu
decano degli abbonati alla Scala) e della letteratura, fu anche un
discreto
pittore, particolarmente attratto dai paesaggi dei laghi lombardi, dove
amava
soggiornare appena libero da impegni (9).
Ma non disdegnava neanche la cura del corpo: fu grande camminatore,
alpinista,
buon rematore ed amante del ciclismo, frequentatore a Roma, con altri
deputati,
della famosa pista Tommei. Anche negli ultimi anni gli piaceva compiere
lunghe
escursioni per i monti e crociere in motoscafo, e per questo amore al
turismo accettò di divenire Consigliere
del Touring Club di Milano.
Si
era sposato nel 1868 con Carolina De Luigi, nipote colta e modesta,
quanto
graziosa, del naturalista Emilio Cornalina, che aveva conosciuto nel
salotto Maffei e di cui era
divenuto grande amico. Erano andati ad abitare in un
appartamento al secondo piano di un elegante stabile di via Andegari a
pochi passi
dal palazzo Maffei; qui crebbero le loro due figlie, fonte di
soddisfazione per
i genitori per la loro intelligenza ed educazione, ma anche di un
grande
dolore. Infatti la figlia maggiore
Federica, che era andata sposa al conte Giuliano Corniani di Brescia
morì
improvvisamente durante il viaggio di nozze in Spagna. Dopo qualche
anno la
figlia minore, Amalia, si sposò con il vedovo cognato, e da
quelle nozze
nacquero tre nipoti molto amati da Colombo, particolarmente il
primogenito
Alessandro che fece brillanti studi di ingegneria e si
conquistò un posto fra i
dirigenti dell’industria idroelettrica. |
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| La
morte sorprese improvvisa Giuseppe Colombo, una domenica mattina del
gennaio
del 1921, nella sua casa di via Monte Napoleone 22. Un attacco cardiaco
stroncò
in poche decine di minuti la tempra di quest’uomo
infaticabile, che in 84 anni
non era mai stato ammalato. Sulla sua tomba al Cimitero Monumentale di
Milano
si possono leggere queste parole del suo amico Edison:
“Colombo
appartiene alla categoria di quelle nature serie, destinate a lasciare
una
impronta personale ovunque si trovino e qualunque cosa facciano. Come
certi
eroi di Charles Dickens, il Colombo può dire: I
fatti, signori miei, non
sono altro che i fatti”. |
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| | Note |
| | 1)
In Lombardia
l'esercizio di
questa professione
aveva una lunga tradizione ed era, in quegli anni, ancora regolato da
antiche
norme, simili per molti aspetti a quelle delle libere professioni.
Nella
seconda metà del Cinquecento infatti venne costituito il
Collegio degli
Architetti ed Agrimensori di Milano, e furono stabilite norme per la
ammissione
di candidati a questa sorta di corporazione. Una delle condizioni
richieste
agli aspiranti era un periodo di studio presso istituti di livello
universitario quali il Collegio di Brera o le scuole Palatine di
Milano, oppure
presso l'Università di Pavia. A questo faceva seguito
l'apprendistato, che
doveva svolgersi sotto il controllo di un membro del Collegio, ed alla
fine i candidati avevano accesso ad
un esame, sempre sotto controllo del Collegio, che conferiva loro la
"patente". |
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| 2)
Preceduto
solo di qualche anno dalla Regia Scuola di Applicazione per Ingegneri,
fondata a
Torino nel 1859, fu il primo istituto universitario italiano per
ingegneri
industriali. Ebbe inizialmente sede in via Senato,
nell’antico palazzo del
Collegio Elvetico. Nel 1866 si trasferì in piazza Cavour,
nel palazzo detto
“della Canonica”, dove rimase fino al 1927, quando
fu costruita la nuova sede
del Politecnico, in p.za Leonardo da Vinci.
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3)
Il fondatore
della grande industria della gomma pensava, appena laureato nel 1870,
di
impegnarsi nella tradizionale industria lombarda della seta, ma fu
Colombo che
lo stimolò a guardarsi intorno ed a rivolgersi invece alla
nascente industria
del caucciù. |
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| 4)
Per
l’amicizia con Colombo, nel 1887 l’industriale
chimico Carlo Erba fece una cospicua donazione al
Politecnico, che servì a fondare l’istituzione di
elettrotecnica a lui
intitolata; questo istituto ebbe un ruolo primario nello sviluppo delle
tecnologia elettrica italiana.
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| 5) In un’altra
memorabile conferenza, tenuta nel marzo del 1882, dopo
l’incontro con Edison,
Colombo preconizzava con
lungimiranza:”…verrà forse un giorno in
cui le forze
delle nostre cadute alpine saranno trasportate al piano, saranno
distribuite di
casa in casa, come si distribuisce l’acqua potabile ed il
gas…già si stanno
facendo gli studi sulla possibilità di portare a Milano la
forza dell’Adda alle
rapide di Paderno….”. |
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| 6) Il Comitato
fu l’embrione della “Società Generale
Italiana Edison di Elettricità ”, che si
sarebbe poi costituita definitivamente nel 1884, divenendo in breve,
dopo
qualche iniziale difficoltà, la principale azienda elettrica
italiana. | |
| 7)
Agli
avversari che lo accusavano di una visione
“casalinga”, “bottegaia”,
“milanese”, incapace di vedere ciò che
le maggiori potenze europee stavano
facendo in campo militare, Colombo mostrava, cifre alla mano,
l’incidenza delle
spese militari sul bilancio pubblico e
l’incongruità del militarismo italiano.
In un discorso del 1894 affermava “No, noi non possiamo
seguire lungo tempo
l’Europa in quella grande follia che sottrae permanentemente
quattro milioni di
giovani e cinque miliardi di denaro alla produzione. Speriamo che
l’Europa
rinsavisca, ma intanto cominciamo a rinsavire noi, che abbiamo tanto
bisogno di
braccia e di capitali per sviluppare la nostra ricchezza
interna”. | |
| 8)
E’
interessante riportare la sua posizione nei confronti della questione
meridionale. In polemica col meridionalista liberale F.Saverio Nitti
che lo
accusava di guardare le cose “da un punto di vista
esclusivamente lombardo”,
Colombo rivendicava il carattere nazionale dell’industria del
nord, sostenendo
che l’avvenire economico dell’Italia non poteva
essere assicurato che
dall’industria e che tenere in piedi questa voleva dire
“tenere in piedi
l’economia nazionale”. |
| | 9)
Colombo
aveva acquistato dal conte Porro, verso il 1884, una bella villa a
Carate Urio,
sul lago di Como. | |
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| 10)
fonte : http://www.storiadimilano.it/Personaggi/Milanesi%20illustri/colombo/colombo.htm |
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