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 da l'Espresso 28 febbraio 2010

L'autostrada nella diossina

di Luca Piana 28 febbraio 2010
 
La futura Pedemontana Lombarda passerà a Seveso, nelle zone colpite dall'incidente dell'Icmesa. Ma le analisi rivelano che nei terreni la quantità di veleni è ancora elevata. Con il rischio che serva una colossale bonifica
 
«Ci ho messo la faccia e dunque la Pedemontana sarà completata entro il 2014». Lo scorso 6 febbraio Roberto Formigoni aveva sfoggiato grande sicurezza. Durante la fastosa cerimonia di inaugurazione dei cantieri, il presidente della Regione Lombardia non aveva accennato alle difficoltà che rischia d'incontrare l'autostrada destinata a collegare la provincia di Varese a quella di Bergamo, tracciando un grande arco a Nord di Milano. Un'opera per la quale nell'intasata Brianza ci si batte da mezzo secolo e che ora, con i suoi appalti da 5 miliardi di euro, scatena gli appetiti dei poteri locali.
 
LE PAURE DEI SINDACI

Passato meno di un mese dalle promesse di Formigoni, però, le certezze sui tempi di esecuzione dei lavori si sono incrinate. Mercoledì 3 marzo sei sindaci brianzoli parteciperanno a un vertice alla Provincia di Monza per tentare di ottenere una modifica sostanziale al progetto, chiedendo un'interruzione che dividerebbe in due diversi tronconi la futura autostrada. Lo snodo dove il progetto rischia di rompersi è un nome conosciuto in Italia e nel mondo: Seveso. In quel tratto la Pedemontana dovrebbe sovrapporsi all'attuale Milano-Meda, una superstrada trafficatissima dove già oggi passano 60 mila auto al giorno. I lavori saranno però pesanti, perché la carreggiata sarà allargata parecchio, fino a dieci metri in più. E questo comporta due problemi. Il primo è il rischio di paralisi di una zona sovraffollata di persone e aziende, visto che per andare a Milano in auto alternative valide non ne esistono. Per questo motivo, nell'incontro del 3 marzo, i sindaci di Seveso, Meda, Lentate, Barlassina, Bovisio Masciago e Cesano Maderno sono pronti a chiedere provvedimenti radicali. Tra i quali, uno stop dei lavori fino a dopo l'Expo del 2015 e una semplice riqualificazione della superstrada per un tratto di una decina di chilometri, senza opere strutturali.
 
QUANTA DIOSSINA, TRENT'ANNI DOPO

Un problema per certi versi ancora più difficile da affrontare, invece, è legato a un nemico con il quale dalle parti di Seveso devono convivere da tempo: la diossina sprigionata dall'esplosione del 1976 nell'impianto chimico dell'Icmesa. Per poter aprire i cantieri, la società concessionaria dell'autostrada, la Pedemontana Lombarda Spa, ha dovuto effettuare una serie di indagini per verificare, a oltre trent'anni dall'incidente, la presenza del veleno nelle aree dove si scaverà. La verifica serviva per vedere se sarà necessaria una bonifica di proporzioni ciclopiche, un'operazione che in Pedemontana sperano di evitare per non correre il rischio di veder dilatati i tempi dei lavori e per non affrontare costi che al momento non sono nemmeno stati quantificati. "L'espresso", però, ha potuto leggere i rapporti con i risultati dell'analisi e la fondatezza di queste speranze non sembra scontata.
Il primo rapporto, datato luglio 2008, ha riguardato 64 diversi punti di carotaggio. In 44 di questi punti, in pratica in due su tre, fra i campioni prelevati a diversa profondità ne è stato trovato almeno uno dove la concentrazione di diossina è superiore ai limiti previsti dalle norme per utilizzare l'area a verde pubblico o privato (pari a 0,00001 milligrammi di diossina ogni chilo di terra). In otto di questi carotaggi, poi, la quantità è ancora più elevata, superiore al livello fissato a scopo commerciale o industriale (pari a 0,0001 milligrammi ogni chilo di terra). Un secondo rapporto, datato agosto 2008, ha ulteriormente aggravato questo secondo dato, quantificando in dieci i campioni dove la concentrazione di diossina supera il secondo limite, quello più allarmante.
 
 
LA PIU' PULITA? L'AREA ICMESA

I due rapporti sono ricchi di informazioni interessanti. La prima è che più ci si avvicina ai terreni dove c'era la fabbrica esplosa, più i campioni prelevati dai primi strati di terreno sono puliti. L'area all'epoca maggiormente contaminata, in effetti, fu l'unica ad essere bonificata e oggi vi si trova un parco naturale, chiamato il "Bosco delle Querce", aperto al pubblico e cresciuto su uno strato superficiale di terreno portato da fuori (vedi mappa ...). Allontanandosi verso Sud, i campioni assumono una tonalità uniforme: la diossina è quasi ovunque superiore - negli strati superficiali del terreno - ai limiti previsti per il verde pubblico. In alcuni casi lo sforamento è limitato ma più spesso supera di 3 o 4 volte (e talvolta anche di 7 o 8) la soglia di legge. Attenzione però: i dieci casi più critici sono distribuiti sull'intera tratta, da Meda a Cesano Maderno. Segnale che problemi ce ne sono ancora un po' ovunque.
   
SPOSTARE LA PIRAMIDE DI CHEOPE

La Pedemonata Spa ha sempre sostenuto che i dati raccolti non sono preoccupanti. Un anno fa, intervendo a una seduta del consiglio comunale di Meda, il direttore generale Umberto Regalia, senza fornire dettagli sulle analisi, ha cercato di rassicurare tutti. «I prelievi dicono che si può lavorare questa terra, che il carico inquinante da diossina che permane dall'incidente del 1976 non è superiore a quello che si trova in tantissime altre aree della Lombardia», ha sostenuto. Aggiungendo poi un paragone con i lavori che, già così, toccherà fare: «È come spostare due volte la piramide di Cheope». A "L'espresso", oggi, Regalia ribadisce la stessa posizione: «Le indagini sulla presenza della diossina abbiamo dovuto farle per legge, visto la natura pubblica dell'opera. Se però venisse fuori che dobbiamo davvero effettuare la bonica, mi piacerebbe sapere perché in questi anni si è potuto costruire così tanto senza fare nulla». Un dato di fatto, visto che solo a Seveso la popolazione è passata dai 16 mila abitanti prima dell'incidente ai 22 mila attuali.
 
LA CITTA' DELLE DONNE

A Seveso e nei dintorni la parola diossina, però, evoca ancora brutti ricordi. Vilma Galimberti, neurologa all'ospedale di Desio e presidente del consiglio comunale di Meda, ricorda che per tanto tempo, quando prenotavi le vacanze in albergo, correvi il rischio di sentirti dire che non c'era più posto. Al di là delle reazioni da trogloditi degli italiani, tuttavia, le vere ripercussioni sono state altre: «Il problema sono stati gli effetti secondari che, ancora oggi, sono noti solo in parte», dice Galimberti. Molti studi sono stati fatti, a cominciare da quelli firmati da Piero Mocarelli, un epidemiologo fra i più tenaci nel tenere sotto controllo le conseguenze dell'incidente. Fra i risultati più interessanti, gli effetti sulla fertilità e l'aumento della probabilità di concepire figlie femmine da parte dei padri esposti al veleno. La conseguenza più preoccupante, però, è l'aumento dei tumori fra le popolazioni colpite. Una ricerca effettuata, fra gli altri, dai ricercatori del Policlino di Milano, ha evidenziato che per le donne che abitano nella zone più vicine all'incidente è più alto il rischio di cancro al seno; se si allarga lo sguardo alle aree colpite in modo anche marignale, cresce comunque il rischio di tumori linfatici e del sangue.
Per questi motivi tutta la regione vive con sensazioni ambivalenti il progetto Pedemontana. La necessità di migliorare il traffico micidiale fa a pugni con il timore di ritrovarsi nuovamente con gli uomini in tuta protettiva e maschera anti-gas in giro per i cantieri. E con la paura che la polvere dei cantieri si porti in giro i veleni presenti: «Non siamo contrari all'autostrada in se' ma è chiaro che devono essere prese tutte le precauzioni necessarie e il progetto va modificato per limitare al massimo le ripercussioni sugli abitanti», dice Galimberti, che con la lista civica "Con Buraschi per Meda" ha promosso un ricorso alla Corte europea per i diritti dell'uomo, che ha già superato il giudizio sull'accettabilità da parte della Corte.
 
LA BACCHETTATA DEL CIPE

La Pedemontana Spa, in effetti, nel novembre scorso ha dovuto subire dal Comitato Interministeriale per la programmazione economica (Cipe) quella che assomiglia a una vera e propria bacchettata. Dando il via libera al progetto definitivo, ha prescritto il Cipe, «dovranno essere realizzate ulteriori indagini dettagliate sui terreni interessati da contaminazione da diossina». A dispetto delle speranze della società, la possibilità che sia necessaria la bonifica non è campata in aria: prima dovranno essere fatti nuovi campionamenti (al momento previsti a partire da aprile), poi bisognerà stabilire i rischi effettivi e il modo per affrontarli; infine, se sarà necessario bonificare, occorrerà asportare uno strato superficiale di terreno che dovrà essere inviato a impianti specializzati nel trattamento. Un processo che potrebbe prendere tempo, forse anche un paio d'anni, prima che possano partire i lavori sull'opera vera e propria (al momento previsti già per la primavera 2011). Un'incertezza che può pesare non poco nella ricerca dei prestiti bancari necessari per realizzare l'opera.
 
GIU' LE MANI DAL BOSCO

Bonifica o meno, restano altre zone d'ombra. Una di queste riguarda i lavori nel "Bosco delle Querce". Zona non edificabile per legge, la strada a un intervento è stata aperta da una speciale deroga concessa alla chetichella dalla Regione Lombardia nel 2008, proprio per l'autostrada. Per gli abitanti della zona è stata una ferita: «Noi diciamo sempre che l'esplosione dell'Icmesa ci ha portato una brutta cosa, la diossina, ma anche una bella, il Bosco», dice Viviana Pontiggia, un architetto di 28 anni che assieme ad altri concittadini ha dato vita al comitato Cives, uno dei più attivi nel proporre modifiche e soluzioni. Il Cipe ora sembra aver dato un'indicazione di massima, escludendo lavori nel Bosco. Tuttavia, lavori per rettificare la curva dell'attuale autostrada fra Meda e Seveso, permettendo alle auto di viaggiare almeno fino a 110 chilometri orari, sono tuttora previsti. «Per me però l'indicazione del Cipe è molto limitante: il Bosco non deve essere toccato», dice a "L'espresso" il sindaco di Seveso, Massimo Donati.
 
LE NUOVE RICHIESTE

Nella riunione di mercoledì alla provincia di Monza i sindaci si presentano quindi con una serie di opzioni. Lo stop dei lavori fino al 2015 e la creazione della terza corsia sull'attuale corsia di emergenza, senza toccare la base della superstrada, sono le prime. Ma ce ne sono tante altre, fra le quali anteporre alla costruzione dell'autostrada una serie di interventi che dovrebbero attutirne l'impatto: barriere anti-rumore, nuovi svincoli, nuovi contributi per interrare la ferrovia che taglia in due Seveso e Meda, flagellando la vita quotidiana degli abitanti con ben undici passaggi a livello. Costo complessivo stimato di tutto questo: 200 milioni di euro. Denari che sarebbero da reperire senza più contare sui pedaggi che Pedemontana esigerà dalle 60 mila auto che, ogni giorno, passano oggi sulla Milano-Meda. Gratuitamente.
 
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