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Pieve di Desio
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Comune di Novate Milanese (1476-1674)
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Sant’Ambrogio di Novate
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Novate nel feudo di Desio (1476 - 1674)
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Il 1476 costituisce un anno particolarmente importante per la storia di
Novate. Infatti, in forza di un suo decreto del 13 giugno 1476, il duca
di Milano Galeazzo Maria Sforza stralcia, da quella data, la terra di
Novate dal contado di Milano, e, con un certo numero di altre terre
circumvicine, la inserisce in un feudo da lui appositamente costituito
- il feudo di Desio - investendone contestualmente una sua cortigiana:
Lucia Marliani. Da questa data, pertanto, la storia di Novate si
divarica da quella del contado di Milano, per seguire definitivamente
le sorti del feudo desiano.
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A questo proposito, sembra forse utile ricordare che il feudo, in
quell'epoca, era di norma costituito da un certo numero di terre, che
il duca conferiva ad una persona, o a titolo gratuito, per qualche
benemerenza acquisita dall'infeudato nei suoi confronti, o a titolo
oneroso, mediante l'esborso di una certa somma di denaro, per ottenerne
un utile; somma, che normalmente veniva versata dal feudatario alla
Regia Camera Ducale, la quale costituiva il più elevato organo centrale
che amministrava i feudi camerali. L'infeudato, peraltro, al quale era
riservato di norma - il diritto di amministrare la giustizia sul suo
territorio e di percepire i proventi di alcuni dazi e gabelle, doveva,
a sua volta, prestare giuramento di fedeltà al sovrano concedente,
impegnandosi a soccorrerlo, anche materialmente, in caso di necessità.
Succeduti,
nel frattempo, nel feudo, alla Marliani, i due figli naturali da lei
avuti dal duca Galeazzo Maria Sforza: Galeazzo e Ottaviano Sforza
(futuro Vescovo di Lodi), nel 1512 Luigi XII di Francia - che nel
frattempo aveva occupato militarmente il ducato di Milano - eleva il
feudo desiano alla dignità di contea.
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Dopo movimentate vicende politiche e militari, che vedono il ducato di
Milano, alternativamente, nelle mani degli Sforza e dei francesi,
Francesco I di Francia, nel 1520, investe della contea di Desio
Ottaviano Ro. Tornati ancora una volta gli Sforza a Milano, Francesco
Il Sforza annulla però la precedente investitura, ed investe nuovamente
del feudo desiano Galeazzo Ferrario, nel 1524.
Quattro anni dopo quest'ultima infeudazione, un importante avvenimento di storia novatese.
Il
Senatore ducale Bernardino Busti, che possedeva a Novate diverse terre,
con suo testamento del 28 maggio 1529, nomina suo erede universale il
Luogo Pio Elemosiniero della Misericordia, di Milano. A questo
riguardo, però, pone a carico di questa Opera Pia, un onere ben
preciso: quello di far costruire dopo la sua morte, a Novate, una
chiesetta dedicata a S. Celso (l'attuale chiesetta del Gesiö), nella
quale far celebrare quotidianamente, da un cappellano nominato dallo
stesso Luogo Pio, una Messa a suffragio dell'anima del suo fondatore.
Ma
torniamo alle vicende del fendo desiano. Morto nel 1530 il conte
Galeazzo Ferrario, senza figli maschi, il duca di Milano Francesco Il
Sforza, il 21 febbraio 1529, investe della contea di Desio, Vespasiano
Roadino, cavallerizzo ducale. Questi, non si sa per qual motivo, dopo
poco, la restituisce alla Regia Camera Ducale; e pertanto, ridivenuta
disponibile, l'11 settembre 1530, il duca Francesco
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Il Sforza concede la contea di Desio a Giacomo Gallarati.
Nel
frattempo matura un avvenimento particolarmente importante per la
storia religiosa di Novate. Con un suo breve del 30 marzo 1541, Papa
Paolo In riconosce canonicamente la Confraternita della Natività della
Vergine, di Novate, confermandone gli antichi Statuti ed approvando
l'operato di questo pio sodalizio, anche per quanto da questo svolto
nei secoli passati.
Proprio all'incirca in questo particolare
momento storico, si inserisce la figura di un altro illustre novatese,
ricordato a Novate dal nome di una sua via: lo scultore Bernardino da
Novate. Bernardino da Novate, fra l'altro, risulta essere stato
l'autore della statua del patrizio genovese Cattaneo Pinelli (Genova,
1555), delle due statue della Fama e della Vittoria, situate agli
estremi del mausoleo del Duca Giangaleazzo Visconti, nella Certosa di
Pavia (1560), e della tomba del nobile genovese Ceva Doria, nella
chiesa di S. Maria della Cella di Sampierdarena (1574).
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Ma torniamo ancora a Novate, per ricordare due fatti di una certa
importanza. Il primo, è costituito dalla visita pastorale effettuata
alla nostra parrocchia, il 25 e il 26 luglio 1573, dall'Arcivescovo di
Milano, il Cardinale Carlo Borromeo; il quale, fra le altre numerose
"ordinazioni" impartite al parroco, aveva anche ordinato di far
costruire una chiesa nuova e più grande di quella allora esistente.
Il
secondo è costituito invece dalla compilazione del primo "stato delle
anime" della nostra parrocchia, redatto il 25 aprile 1574. Lo "stato
delle anime" costituiva un vero e proprio censimento di tutti i
componenti della parrocchia, e conteneva la elencazione nominativa di
tutti i cittadini di Novate (792 anime), con la indicazione - per
ciascuno di essi - dell'età e della sua professione.
Ma torniamo
ancora al fendo desiano. Morto, senza eredi maschi, l'ultimo feudatario
della conte di Desio, il conte Guido Gallarati, la Regia Camera Ducale
rientra nel possesso del feudo desiano; fendo, che la stessa Regia
Camera, il 7 maggio 1580, rivende all'asta - per 63.000 lire imperiali
- a Giorgio Manrique de Lara. A partire da questa data, la nostra terra
rimarrà pertanto infeudata alla famiglia Manrique, esattamente per 96
anni.
Circa una trentina di anni dopo che i Manrique erano diventati i nuovi titolari del feudo desiano, e più esatta mente
nel 1613, Filippo III di Spagna eleva la conte di Desio alla dignità di
marchesato. Come forse si ricorderà, infatti, cessata la dinastia degli
Sforza, il ducato di Milano, nel 1535, era stato occupato militarmente
dall'Imperatore Carlo V d'Asburgo, re di Spagna.
Proprio in questo
stesso anno 1613, viene condotta, nella nostra parrocchia, una delle
più dettagliate e complete visite pastorali di cui ci sia pervenuto il
ricordo: quella effettuata dal Canonico Giovanni Stefano Giussano.
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Cinque anni dopo questa importante visita pastorale, due dati di
notevole interesse storico: il ricordo del nome del primo Sindaco di
Novate di cui ci sia pervenuto il ricordo: Luigi Carcano (1618); e la
esecuzione dello splendido dipinto ad olio, che ancora oggi adorna una
delle pareti della nostra chiesa parrocchiale: la Natività della
Vergine, eseguito da Camillo Procaccini nel 1618. Tela, questa,
verosimilmente commissionata al valente artista emiliano, dalla
Confraternita della Natività, di Novate, per ornare la cappella della
chiesa parrocchiale, in cui questa era solita officiare.
Dopo aver
brevemente ricordato la terribile pestilenza di manzoniana memoria -
che aveva infierito, anche a Novate, nel 1630, non ci rimane che
tornare a considerare le sempre agitate vicende del marchesato di Desio.
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Nella determinazione di liberarsi delle terre costituenti il fendo di
Desio, la famiglia Manrique, a partire dal 1674, dà inizio a tutta una
serie di atti di vendita, il primo dei quali è proprio quello relativo
alla nostra terra. Con atto del 19 aprile 1674, il marchese Giovanni
Manrique retrovende infatti le terre di Novate e di Roserio, già
facenti parte del fendo desiano, alla Regia Camera Ducale. In
conseguenza di questo atto, Novate viene definitivamente scorporata dal
feudo desiano, del quale aveva seguito le sorti per poco meno di 200
anni.
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articolo dal Museo Verri di Biassono
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CAPITOLO XXXII
IL FEUDO DI MARIANO_E DI DESIO
DAL 1537 AL 1538.
Erezione del feudo fatta da Galeazzo Maria a favore di Lucia Reverta.
Girolamo Balbiani compera i dazj di questo feudo. - Giovanni Giussano
compera il feudo che passa poi ad Ercole Marliani. - Contese fra questo
e il conte Lodovico Taverna. - Giacomo Gallarati compera il feudo di
Desio.
La scaltra Lucia Reverta di Mariano avea avuto dall’amore con
Galeazzo Maria un bellissimo bambino, a cui era stato imposto il nome
del duca. Allora raddoppiando le scaltrezze ottenne…
“la giurisdizione dei borghi e delle pievi di Desio e di Mariano,
con mero e misto governo, col potere della spada, coi dazj del pane,
del vino, delle carni, e dell’imbottato del vino e delle biade. E
tante donazioni concedette a Lucia, vita durante, e dopo la sua morte
al magnifico Galeazzo Maria Visconti(1) ed agli altri maschi nascituri
dalla stessa signora Lucia contessa e dal prelibato signor duca e loro
discendenti, maschi legittimi e successori in infinito”.
Poco dopo l’illustrissimo principe, dopo aver confermate le
suddette donazioni e concessioni, allargò i diritti della druda
dichiarando…
“i borghi di Desio e Mariano colle loro pievi interamente
disoggettati da ogni dipendenza dal ducato milanese, ed esenti
d’ogni carico e pesi ordinarj, straordinarj, personali o misti,
tranne solo la gabella del sale e il dazio della mercanzia dei generi e
delle ferrarezze, di diritto finanziario ducale, e l’alloggio
de’cavalli e de’ stipendiarj del duca “.
Dopo essere passata da diritto a diritto la contessa Lucia, piegate le
ginocchia in presenza dello stesso signor duca, ricevette per sè
e pei figli nati e nascituri dal commercio con Galeazzo Maria, e loro
eredi e successori in infinito, l’investitura del dominio. Era
solito in simili cerimonie far passare una spada sguainata dalle mani
dell’investitore a quelle dell’investito. Così fu a
questa volta. Lucia con tale prammatica dichiarata feudataria di quella
ricca estensione, e vassalla fedele della duchessa e del duchino
ereditario, ricevette dai doganieri, ostieri e dalle corporazioni di
artigiani il giuramento di fedeltà. Ella poi promise a nome suo
ed anche de’figli futuri che avrebbe giovato al sostegno del
ducato di Milano, non avrebbe stretta alleanza con chi che sia,
né avrebbe concepita o favorita alcuna congiura, che opererebbe
per quanto fosse da lei e da loro di tener lontano tutti i disastri e
pericoli dal trono ducale, e sarebbe sempre fedele, buona, sincera e
debole vassalla, feudataria e suddita de’ naturali e immediati
signori ecc. queste cose Lucia, posta la mano sull’ evangelio,
giurò(2).
Prima però che il feudo di Mariano fosse materia di sì
vile mercato e delle scandalose vicende, che vorremmo neppur ricordare,
se pur troppo non servissero a rendere un’idea perfetta di quei
tempi infelici, sino dal 1466 (4 novembre) era stata dai riformatori
delle entrate ordinarie e straordinarie dello stato di Milano, anche in
virtù di ampia procura della duchessa Bianca Maria Visconti e
del duca Galeazzo Maria Sforza suo figlio, fatta vendita a Girolamo
Aliprando delle entrate de’ dazj di pane, vino e carni di tutta
la pieve di Mariano e territorio di essa(3).
Lucia dopo la morte del duca caduta d’ogni autorità,
probabilmente dovette cedere anche questo feudo, ricevendo in cambio
una somma corrispondente.
Diciamo probabilmente, poiché nell’anno 1538 il magistrato
Bellisario Tolentino fece vendita della giurisdizione e ragione annessa
con mero e misto impero di tutta la pieve di Mariano, eccettuato il
borgo a favore di Giovanni Giussano(4). Giovanni Francesco suo
figliuolo vendette questo feudo nel 1590, al conte Ercole Marliani, coi
medesimi diritti con cui l’aveva egli ricevuto(5).
Il borgo che noi abbiamo veduto eccettuato nelle cessioni superiori,
era in questo tempo nelle mani del gran cancelliere Taverna e suoi
eredi conte Matteo e fratelli Taverna, che lo avevano legalmente
ricevuto dal conte Belisario Tolentino a danno della famiglia Giussani
e poi Marliani. Ma nel 1596 comparve Agostino Guranzano dinanzi al
magistrato notificando come i Taverna possedevano il borgo senza
ragione niuna, per quanto rinfiancassero il loro titolo
coll’istrumento rogato da Giuliano Pessima risguardante la
vendita fatta l’anno 1538 dalla regia camera al già
nominato conte Belisario. Le ragioni di Guranzano stavano nella
sostanza dell’ istrumento medesimo, nel quale era bensì
espressa la vendita di centocinquanta staja di sale del borgo di
Mariano, ma non si facea pur motto della giurisdizione di esso.
Ventilata una tale deposizione, e riconosciuta sincera, il conte
Lodovico Taverna cedette al conte Ercole. Nel 1543 il 27 giugno per
rogito di Alessandro Sala, notaro di Milano il detto Giovanni Battista
Landriani, anche come aquirente della porzione spettante a Giovanni
Andrea suo fratello, fece vendita degli stessi dazj al signor gran
cancelliere Don Francesco Taverna. Marliani la giurisdizione civile e
criminale del borgo coi dazj di pane, vino e carne, e inoltre la
ragione sul mercato da farsi in esso luogo in un qualunque giorno della
settimana, e la ragione che aveva sul palazzo situato in detto borgo.
Rimase quel feudo nelle mani dei signori Marliani fino al 1683 in cui
la regia camera permise che ne fosse investito il marchese Questore
Flaminio Crivelli per una somma di lire quindicimila da lui pagate a
Filippo Marliano, oltre a lire nove per ogni fuoco, versabili dal
compratore nel regio fisco. Riserbiamo ad un altro capo la storia
posteriore di questa giurisdizione. Il feudo di Desio, tornato alla
regia camera, fu da Francesco II. Sforza signore di Milano, per bisogni
di guerra esposto in vendita. Comprendeva esso le terre di Seregno,
Lissone, Macherio, Bovisio, Massiago, Bassino, Vedano, Molino del
Salice, Molino di San Giorgio, Varedo, Pallazzolo, Incirano, Nova,
Paderno, Dugnano, Cusano, Balsamo, Cinisello, Cassima Amata,
Muggiò, Bollate, Novate, Senago, Pinzano, Cisa, Cassina,
Portosello, Garbagnate, Bareggia, Valaguzza, Dérgheno,
Castellazzo, Cassina nuova, Cassina di Samt’Appolimare, Molino di
Carlone, Meda, Cassina di San Giorgio, Cassina Savina, Cassina
Aliprando, Rosè, Vialba, col dazio del pane, vino, carne
imbottato, ed altri redditi feudali. Lo comperò Giacomo
Gallarati, ma presto ritornò alla regia camera per essersi
estinta la linea mascolina della sua famiglia. Esposto di nuovo in
vendita ai 23 dicembre 1580 fu comperato dallo spagnuolo don Giovanni
Manriquez, figliuolo di don Gargìa, che abitava in Milano nella
parrocchia di sant’Eufemia, versando nelle mani del re Filippo di
Spagna sessantatremila lire imperiali.
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